Allenare la consapevolezza: la Mindfulness

Carl Rogers, psicoterapeuta, padre del’Approccio Centrato sulla Persona, dopo aver ascoltato serenamente per molti anni i pazienti che gli raccontavano le loro difficoltà, arrivò a una conclusione: il problema è solo uno, e sta nel non sapere chi si è. La questione è sicuramente legata alla perdita di consapevolezza.

La consapevolezza è la capacità di dedicare tutta la nostra attenzione a ciò che facciamo. Un vecchio detto recita:

Quando un saggio cammina, cammina soltanto. Quando siede, siede soltanto. E non succede nient’altro.

consapevolezzaAl giorno d’oggi siamo talmente presi dalla velocità che il nostro mito è essere multitasking, che significa fare o pensare a più cose contemporaneamente. In realtà quanto è produttivo questo modo di pensare?

Siamo così abituati alla tensione da arrivare a credere che sia il nostro stato naturale. non siamo nati ansiosi, preoccupati e distratti, ma lo siamo diventati impiegando molto tempo a forza di pensare.

La nostra mente è perennemente immersa in una sorta di chiacchiericcio di fondo che non ci permette di prestare completa attenzione alle singole cose che facciamo.

Può darsi che gli effetti a lungo termine di tutta questa attività cerebrale distratta non siano positivi per il nostro cervello: le aree cerebrali che si attivano in questa “modalità di default” (sogni a occhi aperti, rminisceze, preoccupazioni, ansia…) sono le stesse che, più avanti nella vita,vengono colpite dalla malattia di Alzheimer (Gusnard et al., 2001).

Al contrario la pratica della mindfulness (attenzione consapevole) aiuta il cervello a preservare le sue callule, specialmente quelle nei centri deputati all’apprendimento, alla memoria e alle funzioni superiori (Lazar et al., 2005).

La pratica dell’attenzione consapevole consiste nel portare semplicemente l’attenzione al qui e ora in maniera non giudicante e riprendendo il contatto con i propri sensi. Quando pratichiamo la mindfulness con il passare del tempo arriviamo a comprendere più chiaramente quali sono i pensieri che ci animano e quali effetti hanno su di noi.

È come se si accendesse la luce e noi cominciassimo a vedere cose che prima accadevano nell’oscurità.

Per quanto comprensibile, è un errore pensare che siano le sensazioni, i pensieri e le emozioni — specialmente quelle sgradevoli — a impossessarsi di noi. La mindfulness può dimostrarci molto bene che in realtà accade il contrario: siamo noi a impossessarci di loro, e lo facciamo perché ci identifichiamo con loro.

La tensione che proviamo deriva dal fatto che ci attacchiamo a ciò che sta accadendo e gli opponiamo resistenza. Ma tutte queste esperienze vanno e vengono, se noi glielo permettiamo. Se resistiamo, ci sentiamo imprigionati, condizionati e persino dominati. Viceversa, il controllo si ristabilisce da sé in modo naturale quando rinunciamo all’attaccamento.

La mindfulness è la pratica del prestare attenzione, sapere dov’è e poter scegliere dove dirigerla. Praticare la consapevolezza non è difficile, ma richiede allenamento: del resto sappiamo che per avere un corpo allenato serve applicarsi quotidianamente, perché per la mente dovrebbe essere diverso?

Anche se non si vuole praticare la meditazione quotidiana (che è comunque una pratica assai utile), è sufficiente fermarsi a osservare ciò che si sta facendo, prestando attenzione a ciò che avviene. È qualcosa che in realtà già facciamo, quando ad esempio godiamo la bellezza di un tramonto, siamo veramente connessi con i nostri sensi e non pensiamo a nulla se non al momento.

Una piccola pausa, il tempo di un paio di respiri, può aiutarci a interrompere l’accumulo di tensione e di rappresentazioni mentali inconsce.

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McKenzie, S. – Hassed, C: “Il libro della Mindfulness” Ed. Erickson, 2016

foto: Sara Fresu

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